SISSC_NEWS N.5 (GIUGNO 2025)

Pronto il numero 4 (giugno 2025) della nostra newsletter mensile: brevi rilanci (con link e riferimenti alle fonti originali) su temi quali: ricerca scientifica e nuove terapie, riforme legislative e analisi multidisciplinari, uscite mediatico-editoriali e rilanci culturali, eventi dal vivo e discussioni online, e molto altro. Uno strumento agile e veloce per tenersi aggiornati sull’attualità (e stimolare eventuali conversazioni). Questo l’indice:

  • SISSC informa: verso il convegno annuale, Oltre n.2 e….
  • Origine della coscienza: nella mente o nel corpo?
  • Sondaggio USA su terapie psichedeliche e informazione 
  • Ripensare l’ipnosi
  • Nuove risorse online su etica e ricerca psichedelica 
  • Ricordo di Amanda Fielding
  • Repubblica Ceca: passa alla Camera l’uso terapeutico della psilocibina
  • Terapia con esperienze immersive in VR: vero o falso?
  • Dal “turismo sciamanico” allo sciamanesimo perenne
  • La coscienza vive al di là delle funzioni cerebrali?
  • Festival dell’Unione dei Popoli Indigeni

Disponibile il PDF integrale (3,3MB), da condividere variamente (citando la fonte SISSC):

Bernardo Parrella

Sciamanesimo: ieri, oggi e (forse) domani

Oggi lo sciamanesimo vive e prospera sotto varie forme e pratiche spirituali in tutto il mondo, non solo nei luoghi “più remoti” o divenuti classici come la Siberia, cioè basati sugli standard definiti da Mircea Eliade fin dagli ’50 e poi codificati in Shamanism: Archaic Techniques of Ecstasy (2004) – standard per molti versi superati. È irrealistico limitare la presenza e il ruolo degli sciamani alle società ancestrali e alle tribù pre-moderne, poi sostanzialmente scomparsi con l’insorgere delle grandi religioni organizzate – definendo lo sciamano come uno Shamanismspecialista o intermediario che, tramite stati non ordinari di coscienza, entra in contatto con realtà ultra-terrene e ne ricava indicazioni per offrire servizi o cerimonie mirate alla guarigione, alla ricerca di cibo o di prede, alla divinazione. In tal senso, lo sciamanesimo non ha soltanto caratterizzato l’insorgere di pratiche e credenze spirituali tipiche dell’Homo Sapiens, bensì riecheggia e riemerge ancor’oggi per “l’universalità dei suoi principi e dei bisogni intrinseci a cui risponde”.

Questo il succo di un intrigante volume fresco di stampa (in inglese): Shamanism: The Timeless Religion, frutto dell’impegno decennale di Manvir Singh, giovane antropologo indo-americano (sikh) che insegna all’Università della California a Davis con diplomi da Harvard e Brown University. Seguendo situazioni disparate e personaggi a volte improbabili, l’autore mette a fuoco le complessità e le vicissitudini di un fenomeno (anzi: religione) senza tempo, sempre attuale e onnipresente, offrendo esempi concreti basati su anni di studi antropologici nonché su esperienze sul campo tra le comunità Mentawai dell’isola di Siberut (Indonesia) poi in India, nelle montagne andine e infine nell’Amazzonia colombiana tra rituali con ayahuasca e altre piante maestre.

Senza tralasciare, fra l’altro, una visita alla grotta di Trois-Frères nella Francia sud-occidentale, per toccarne con mano le pitture rupestri risalenti al tardo periodo magdaleniano (19.000-14.000 anni fa), il cui esempio più noto sono le vicine Grotte di Lascaux. Mentre certi studi neurologici del movimento geometrico delle forme li farebbero derivare da stati alterati di coscienza, di fatto l’arte rupestre ha sempre rappresentato un punto interrogativo nello studio della paleontologia umana. E proponendo incursioni nello neo-sciamanesimo occidentale contemporaneo, sulla scia degli insegnamenti di Michael Harner e sperimentato in aggregazioni auto-gestite tipo il festival iper-creativo Burning Man.

Tutto ciò per dire che quest’insieme di feste dionisiache, danze ossessionate, percussioni infinite, rituali di magia (anche nera) e stregoneria, stati on ordinari di coscienza, canti, visioni e molto altro non vanno intesi come oggetto di “superstizione primitiva” quanto piuttosto come veicoli di trasformazione spirituale per acquisire e condividere la capacità di guarire, divinare e superare le incertezze e le calamità della vita, ieri come oggi. Un coacervo spiritual-animistico che, affermatosi variamente a seconda dei diversi enclave, è stato man mano cooptato e anzi sottomesso dall’emergere delle religioni organizzate, come nel caso dei conquistadores e la successiva imposizione del Cattolicesimo nel continente americano a partire dal XVI secolo. Ma che, appunto, continua a riemerge in modalità e contesti i più disparati, come il Pentecostalismo in Italia, a cui il libro dedica alcune pagine: includendo elementi di tipo sciamanico e di religiosità afro-americana, la congregazione vide una rapida crescita grazie all’influsso degli italo-americani e nel 1929 contava circa 150 centri, per lo più in aree rurali del meridione e della Sicilia, ma fu presto soggetto alla criminalizzazione della Chiesa cattolica e del regime fascista, per essere messo fuorilegge nel 1935 tramite apposito decreto firmato da Mussolini, a causa delle presunte somiglianze con il comunismo e una “natura ossessiva e nevrotica”. Costretto a operare underground sotto l’etichetta generica di Protestanti ed Evangelici, il Pentecostalismo venne ufficializzato solo nel 1955 con l’annullamento di tale decreto e il riconoscimento della libertà di religione nel Paese.

Dopo aver sostenuto che la biomedicina contemporanea possa avere parecchio da imparare da questi rituali e che l’approccio scientifico è sempre benvenuto per carpirne la portata, l’ultimo capitolo affronta il recente revival della psichedelia: l’eccessivo entusiasmo sembra aver gonfiato anche la storia stessa di sostanze e piante psicotrope qui coinvolte, con effetti-boomerang tutt’altro che modesti. Secondo le ricerche condotte da studiosi quali Peter Gow (1994), Brabec de Mori (2001) e Martin Fortier (2018), l’uso di tali sostanze tra gli indigeni non era né ancestrale né comune, come oggi invece si tende a credere:

l’ayahuasca si è diffusa nell’Amazzonia peruviana al più negli ultimi 300 anni…in epoca precolombiana solo il 5% degli indigeni americani faceva uso di psichedelici…. l’1% o meno delle culture mondiali consumava psichedelici in quel periodo.

Lo stesso dicasi per i funghi psilocibinici, come rivelano alcuni passaggi dell’ottimo testo di Andy Letcher (Shroom: Cultural-History of Magic Mushroom, 2006) e un’analisi comparativa curata dallo stesso Manvir Singh sulle menzioni di sostanze psicoattive nella mitologia nel database eHRAF World Cultures. Da cui risulta che appena 22 paragrafi, su oltre 51.000 relativi a 325 gruppi culturali diversi, includono il termine “mushroom(s)”. E mushroom shamanperfino l’immagine del “mushroom shaman” divenuto un’icona della comunità psichedelica occidentale e reso popolare da Terence McKenna nelle pagine di Food of the Gods (1992), non è altro che il rifacimento fantasioso e infarcito di funghetti ideato dall’allora sua moglie, Kat Harrison, in base di una fotografia sbiadita trovata in un volume locale.

Peccato che, pur segnalando simili criticità, le pagine successive non procedano ad affrontare le annesse problematiche del cosidetto “turismo sciamanico” (o psichedelico o dell’ayahuasca che dir si voglia), dai casi di truffe economiche agli abusi psicologici o sessuali fino ai rischi e pericoli legati all’assunzione indiscriminata di sostanze o pozioni locali dagli effetti imprevedibili. E se la massificazione in corso potrebbe metterne in pericolo o annacquarne il futuro, è bene evitare di fare confusione fra sciamanesimo, terapia ed esperienza psichedelica. E minimi gli accenni anche agli sciamani finti o con pochi scrupoli, per non parlare del rampante business legato al variegato ambito della New Age, con le relative appropriazioni di vario tipo. Nell’un caso e nell’altro, forzare la mano per imporre una patina romantica e allettante su simili fenomeni (ormai divenuti “pop”) crea dannosi effetti-boomerang e inutili rischi.

Vero comunque che lo sciamanesimo, pur rimanendo un fenomeno pressoché universale, continui a ri-elaborarsi e ad esprimersi in maniera diversificata – ed è qui che sta il senso ultimo di quest’opera comunque intrigante e ricca di “food for thought”. Puntando a illustrare, con un approccio a tutto tondo, le sfaccettature e le complessità di questa trasformazione spirituale degli officianti, in modo da essere “posseduti” per poter curare, divinare e superare le incertezze della vita – ieri, oggi e soprattutto domani: almeno così si spera. 

Bernardo Parrella

I rischi del “turismo sciamanico”, e come evitarli

Il cosiddetto “turismo sciamanico” ha preso piede sul finire degli anni novanta, sull’abbrivio del revival globale degli psichedelici, con epicentro iniziale nella zona di Iquitos nell’area nord-est del Perù, raggiungibile solo per via aerea o fluviale tramite il Rio delle Amazzoni. La naturale espansione del fenomeno in questi anni ha portato al rifiorire di centri e strutture locali che offrono cerimonie (specificamente dirette a persone occidentali e gestite da curanderos autoctoni, a volte qualificati ed esperti, altre volte più o meno improvvisati e anche da molti “gringo”) a fini spirituali, personali o terapeutici, innescando una serie di problematiche sempre più evidenti. Dai casi di truffe economiche o finti sciamani agli abusi psicologici o sessuali fino ai rischi e pericoli legati all’assunzione indiscriminata di sostanze o pozioni locali dagli effetti imprevedibili. Un’ondata turistica presto rivelatasi un’arma a doppio taglio: beneficia molta gente del posto e mantiene viva la tradizione, ma produce effetti collaterali quali espropriazione culturale, porte aperte a investitori d’ogni genere e una corsa generalizzata al profitto facile. I costi per un fine settimana tutto compreso (ma viaggio escluso) sono ormai lievitati a diverse migliaia di dollari e non mancano le figure a dir poco equivoche, inclusi certi sciamani superstar.

AyahuascaSono parimenti cresciuti i rischi legati all’assunzione di varie sostanze e pozioni psicotrope, anche per via della tipica mancanza di assistenza medica in casi di bisogno. Non mancano infatti centri in cui si offrono “buffet psicotropi”, spesso somministrati nel giro di 24 ore e inclusivi delle più famose sostanze e piante amazzoniche (ayahuasca, yopo, San Pedro, kambo, bufo, etc.). Situazioni che a volte sfociano in vere e proprie tragedie annunciate. Già nel settembre 2015 ebbe ampia risonanza la notizia della morte per arresto cardiaco del 24enne australiano Matthew Dawson-Clarke, recatosi a proprie spese nel Kapitari Ayahuasca Retreat per “la curiosità di provare la medicina sacra”: sentendosi male, è uscito dalla capanna della cerimonia per poi svenire nella giungla circostante, senza che nessuno accorresse in suo aiuto. E pur a fronte di spazi online e del passa parola per la necessaria controinformazione riguardo l’affidabilità o meno dei vari centri e personaggi coinvolti – si veda ad esempio questo recente forum su Reddit – l’incremento esponenziale sia della domanda che dell’offerta ha portato a episodi tragici per quanto rari.

Analoghe le situazioni “importate”, con curanderos che girano il mondo con le loro  pozioni e/o “esperti” locali che propinano il fai-da-te. È il caso di due morti accidentali causate negli ultimi anni da questi mix con l’ayahuasca: Jarrad Antonovich, 46 anni, deceduto nell’ottobre 2021 dopo aver assunto ayahuasca e kambo durante un ritiro spirituale a Kyogle, in Australia; Brandon Begley, 22 anni, morto nel 2018 durante una cerimonia condotta dalla Soul Quest Ayahuasca Church of Mother Earth in Florida (USA), poi condannata lo scorso anno a pagare una penale di 15 milioni di dollari alla sua famiglia che li devolverà in beneficenza. Nell’agosto del 2024, un uomo ucraino aveva fatto a pezzi una donna russa sotto l’effetto della bevanda psicotropa. Ed è di questi giorni la notizia della morte di Aaron Wayne Castronova, nell’area amazzonica di Loreto, dove, ancora una volta, i gestori del centro hanno evitato di chiamare prontamente i soccorsi. Non a caso nel gennaio scorso l’ambasciata statunitense di Lima, capitale peruviana, aveva lanciato un formale invito ai propri cittadini a “NON ingerire o usare allucinogeni tradizionali, spesso chiamati ayahuasca o kambo”, seguito da un analogo avviso diffuso qualche giorno dopo dal Ministero della Salute del Costa Rica su uso e applicazione sia dell’ayahuasca sia dell’ibogaina, ricordando che trattasi di sostanze soggette alle restrizioni federali e al divieto di pubblicizzarne le “proprietà̀ curative”. Senza ovviamente dimenticare il caso di Alex Marangon, il 25enne ritrovato cadavere, in circostanze ancora da chiarire, sul greto del Piave a Vidor (TV) lo scorso 2 luglio, dopo essersi allontanato mentre partecipava a una cerimonia collettiva di tradizione amazzonica nota come Sol de Putumayo nell’abbazia duecentesca di Santa Bona.

Nello specifico va notato che Il kambo (che non rientra propriamente tra gli allucinogeni) già da solo può provocare effetti tossici su fegato, cuore e reni, mentre la combinazione con altre sostanze ne aumenta esponenzialmente i rischi. Armina ed armalina (alcaloidi indolici presenti nelle erbe per la preparazione dell’ayahuasca) sono solitamente sicure da sole, ma la combinazione con il 5-MeO-DMT può essere letale. Non avendo dei dati precisi sull’half-life dell’armalina non si sa quanto bisogna aspettare, ma per sicurezza si tende a distanziarle di almeno una settimana anche perché il rischio di psicosi, già molto comune con il 5-MeO-DMT senza MAO-I, è altissimo. Il rospo bufo non è tradizionale e nemmeno amazzonico, non ci sono culture che lo impiegano a scopo medicinale o rituale. Si è diffuso come sostanza ricreazionale in seguito alla pubblicazione di un opuscolo (The psychedelic toad of the Sonoran Desert) firmato da Albert Most, pseudonimo del texano Kenneth Nelson  pubblicato nel 1984 e rilanciato nel 2021 da Hamilton Morris nella sua popolare docuserie su Vice, dove si dettagliava altresì il processo di sintesi della molecola per ridurre l’impatto ambientale. Purtroppo c’è ancora chi fa finta di niente e continua a molestare i rospi…

Bufo bufoIn generale, quando si decide di imbarcarsi in un’avventura simile bisogna evitare chiunque non menzioni la possibilità di effetti collaterali, chiunque garantisca un effetto assolutamente positivo e chiunque mischi un po’ di tutto senza criterio. Nessuna cultura tradizionale fa niente del genere, tanto meno concentrato in un breve lasso di tempo. In definitiva, il problema (e il rischio) del “turismo dell’ayahuasca” non è qui o lì, bensì sempre il come. Anzi, partire per l’Amazzonia ed affidarsi a dei completi estranei è ben più rischioso che farsi spedire la pozione o simili accorgimenti. La stessa identità dei nativi non viene danneggiata da chi consuma a casa propria, bensì da chi decide di recarsi in questi centri che, punto importante, sono quasi tutti di proprietà di investitori o individui occidentali (inclusi alcuni italiani) che tendono a mischiare “quackery new age” con riti e tradizioni millenarie. Ed è cruciale informarsi al meglio sulla preparazione psico-fisica e verificare online tutti i dettagli relativi a quei centri, curanderos o altri soggetti direttamente coinvolti. Senza dimenticare l’eventualità di reazioni impreviste dovute a condizioni o medicinali pregressi.

Riflessioni e passi importanti per ribadire che – pur a fronte delle potenzialità terapeutiche degli psichedelici e delle “piante maestre”, con la necessità di proseguire la ricerca e la sperimentazione superando le attuali normative restrittive – trattasi pur sempre di sostanze (e cerimonie) non certo adatte a tutti. Meglio non cedere ai facili entusiasmi né abboccare ai miracoli psicoterapeutici: la prudenza non è mai troppa.

Redazione

SISSC_NEWS N. 4 (MAGGIO 2025)

Pronto il numero 4 (maggio 2025) della nostra newsletter mensile: brevi rilanci (con link e riferimenti alle fonti originali) su temi quali: ricerca scientifica e nuove terapie, riforme legislative e analisi multidisciplinari, uscite mediatico-editoriali e rilanci culturali, eventi dal vivo e discussioni online, e molto altro. Uno strumento agile e veloce per tenersi aggiornati sull’attualità (e stimolare eventuali conversazioni). Questo l’indice:

  • SISSC informa: pianificazione del convegno annuale e….
  • Nei rituali della Cultura Chavin si sniffava bufotenina
  • Resoconto del Forum Universitario sulla psichedelia
  • Presentazioni editoriali SISSC
  • USA: in aumento l’uso di ‘funghi magici’ (e del pronto soccorso)
  • Gli psichedelici allineano l’attività cerebrale al contesto esterno
  • Breaking Convention 2025: commenti e analisi
  • Codice della strada: si allenta la stretta sulle sostanze stupefacenti
  • L’integrazione, tema centrale di Psychedelic Science 2025
  • Psichedelici rimodellano il legame tra cervello e sistema immunitario
  • Le voci del Wisdom of the Leaf Coca Summit

Disponibile il PDF integrale (825KB), da condividere variamente (citando la fonte SISSC):

Bernardo Parrella

Sintesi della presentazione SISSC al Festival “Botanica”

Domenica 25 maggio scorso, nell’ambito del festival Botanica tenutosi a Sava (TA) – la cui pagina Facebook propone foto, video e altri rilanci – Gianfranco Mele e Roberto Bascià hanno presentato la rivista Altrove e il  libro di Cosimo Masciaro Le piante nella magia, nella stregoneria e nella medicina popolare.

Botanica è una rassegna di 3 giornate, comprendente eventi di vario genere, caratterizzata dalla presenza costante di esposizioni vivaistiche e di banchetti artigianali con gli utilizzi delle piante come comune denominatore. Si tratta di un evento piuttosto seguito, e anche per questo motivo vi è stata una grande partecipazione di pubblico. I partecipanti alla presentazione, erano numerosi ed interessati, coinvolti anche dalla comunicazione interattiva favorita dal conduttore Roberto Bascià.

Si è partiti con la proiezione del documentario “Papagna” di Christian Manno, per poi illustrare i contenuti della rivista e del libro.

Le proiezioni di diapositive che illustravano piante della flora spontanea ed i loro utilizzi ed impieghi, unitamente ad un banchetto sul quale erano stati posizionati una serie di esemplari della flora spontanea stagionale, e persino un piccolo spazio con un gioco a quiz sul riconoscimento delle piante e dei loro impieghi ed effetti, han fatto sì che i convenuti  potessero attivamente intervenire.

Nel complesso, data la tipologia dell’evento, è stato dato ampio spazio all’illustrazione del lavoro della SISSC nell’ambito della ricerca etnobotanica e dei relativi contenuti presenti nei vari numeri di Altrove.

 

 

Bernardo Parrella